Ci stanno provando

Valle Subequena: la fusione dei Comuni
di Adelchi Di Cato
Dal 1990 a oggi molte leggi si sono susseguite, dalla 142/90 al più recente Dlgs 244/07, con l’intendo di favorire la riorganizzazione degli Enti locali, con particolare riguardo alla fusione e/o accorpamento dei piccoli comuni. Nella valle Subequana, su iniziativa di un cittadino si è costituito un movimento di opinione che, attraverso un forum aperto sul blog del Comitato pro Valle Subequana - www.comitatoprovallesubequana.blog.tiscali.it -, ha proposto la creazione del Comune Unico Subequano – previa fusione dei sette consigli comunali esistenti. La discussione è già a buon punto, la stampa locale ne ha dato notizia, riportando anche la contrarietà, scontata purtroppo, degli attuali Sindaci. Si tratta di una proposta di studio importante per ridefinire il futuro dei micro Comuni Subequani ma, se Lei sarà favorevole, può interessare l’intera struttura dei piccoli comuni Abruzzesi. E’ infatti in gioco la nuova politica delle fusioni che le Regioni sono chiamate a fare, Lei per l’Abruzzo, per rivitalizzare il Comune come istituzione.
E’ pure in gioco, secondo lo scrivente, il progetto di un nuovo Abruzzo che così potrà andare a compimento tramite l’introduzione dell’istituendo federalismo fiscale. Occorre offrire, da parte Vostra, al cittadino l’opportunità di dare un salutare scossone a strutture che possono solo essere mantenute ma non migliorate, chiamandolo direttamente a costruire i nuovi Comuni, informandolo, consultandolo sulle dimensioni e caratteristiche di questi ultimi, rendendolo soprattutto consapevole dell’opportunità che gli si offre, di dare un vero senso alla parola partecipazione.
Solo la consapevolezza di potere partecipare a decisioni importanti rende vitale nel singolo la democrazia. Una chiara distinzione va fatta tra l’esercizio della democrazia che coinvolge direttamente il cittadino e la realtà del coesistere di un gran numero di poteri locali il cui dialogo reciproco è troppo influenzato da rivalità di campanile se non interpersonali. Partendo dalla convinzione che per funzionare correttamente i meccanismi della democrazia devono disporre di un numero sufficiente di cittadini.
Democrazia significa infatti poter scegliere liberamente, senza condizionamenti e, se del caso, poter promuovere un’alternativa. Il numero esiguo degli abitanti di troppi Comuni Abruzzesi, non solo, impedisce di fatto, o comunque rende difficile un processo pienamente democratico. Comuni più forti e finanziariamente più autonomi sono sicuramente meglio in grado di sostenere e coordinare progetti di rilancio economico e di aumentare i servizi ai propri cittadini.
È anche per questo che crediamo in un Vostro autorevole contributo al processo delle fusioni che, può arrivare da questa neonata legislatura, sia determinante per la nascita di un “Nuovo Comune Abruzzese”. È vivo il bisogno nei centri minori, dove si sconta, peraltro, la contrarietà degli amanti dello status quo – quasi tutti politici locali di lungo corso- , di estendere il troppo angusto territorio oramai insufficiente al razionale impianto di pubblici servizi.
Siamo altresì convinti che non meno sentita sia la necessità da parte di Comuni e frazioni di Comuni delle nostre campagne di raggruppare le loro membra disperse e costituirle in un organismo più forte e vitale, capace di fronteggiare con successo l’incipiente federalismo fiscale e le nuove esigenze della vita.
Certo nel nostro Paese occorre reagire oramai contro l’eccessivo spirito misoneista che si manifesta specie nel campo delle amministrazioni comunali, in certe località le quali, mentre dipendono in gran parte dal centro limitrofo il loro sviluppo e la loro floridezza presente, si trincerano poi dietro considerazioni di serafica rigidezza, per non avere contatto di sorta col vicino, quando invece,le forze riunite di questi enti farebbero la fortuna dell’avvenire e l’utile di tutto il Paese. Si pensi alle recenti misure legislative che impongono ai Comuni nuove aggravate competenze ed oneri finanziari e che presuppongono l’esistenza di comunità locali organizzate almeno dal profilo amministrativo e discretamente capaci dal lato finanziario affinché l’indispensabile aiuto dello Stato e della Regione non risulti, alla fine dispersivo e pertanto dequalificato per non dire inutile.
Urge quindi ridare al Comune una propria dimensione realmente autonoma e riavvicinare maggiormente il cittadino alle istituzioni. Un obiettivo ambizioso quello proposto per la Valle Subequana, ma importante per un paese moderno e democratico. Una delle strade per raggiungerlo, secondo noi, passa attraverso la fusione dei Comuni. Ma come, si chiederà qualcuno, per decentralizzare lo Stato si aboliscono enti locali? No! È ben vero il contrario!
Uno Stato moderno ha bisogno di Comuni solidi sia sotto il profilo finanziario, che gestionale, solo così potranno avere voce in capitolo nella vita politica e amministrativa. Gli attuali Comuni abruzzesi sono sorti quando l’Italia aveva ancora un’economia di tipo prevalentemente rurale. Oggi tutto è mutato: le basi economiche,i rapporti con la gente, l’immagine dello Stato.
Deve cambiare anche il Comune! Una società che non accetta il mutamento è una società senza futuro. Gestire le eredità del passato non significa conservarle tali e quali, ma salvaguardarne lo spirito adeguandole ai tempi moderni. Oggi si tratta quindi che Lei, per la Regione Abruzzo, dia una svolta decisiva alla rifondazione del Comune Abruzzese.
Si tratta di un processo in corso anche in altre parti d’Italia e di grande attualità in altri paesi europei. Ma come saranno questi nuovi Comuni? Noi siamo sicuri che saranno più forti, più democratici e garantiranno la continuità con il passato. D’altra parte Comuni più grandi dovrebbero poter garantire un maggiore ricambio politico, anche perché i compiti a cui saranno chiamati diventano più interessanti e quindi gratificanti. Nel corso degli ultimi decenni si è chiesto ai Comuni di assumere competenze sempre più vaste nei settori della scuola, della protezione dell’ambiente, dell’approvvigionamento idrico, dei trasporti; Per gestire questi compiti sono necessari specialisti, che un piccolo Comune non può permettersi. Per questo il Nuovo Comune potrà disporre di maggiori mezzi finanziari e la Regione dovrà essere pronta a sborsare di tasca propria e a continuare a gestire con criteri di equità la perequazione fiscale tra Comuni ricchi e Comuni meno fortunati. Nella nuova geografia dei Comuni, che si dovrebbe delineare, possiamo intravedere due tipologie tra loro complementari: i Comuni metropolitani e quelli periferici.
Le città avranno il compito di creare servizi e ricchezza per diventare i motori della crescita economica. Alle periferie toccherà invece un ruolo importante di conservazione e di salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio. Il Comune che dovrebbe nascere dalla fusione e/o accorpamento avrà un’identità ben precisa, non più legata al singolo campanile.
L’attività del nuovo Comune dovrà comunque essere imperniata su regole del gioco diverse, che rimettono in discussione compiti e competenze, per porre il cittadino al centro della politica. Il nuovo Comune dovrà infatti tornare ad essere uno strumento di TUTTI i cittadini, non di poche famiglie come, purtroppo, avviene oggi in molte nostre piccole realtà. Loro, i cittadini, devono riappropriarsi dei processi decisionali a scalare, locali e regionali.
La fusione renderà necessariamente possibile un uso più efficace delle risorse, risveglierà la progettualità, diffonderà passione, ottimismo e voglia di fare diventando, di conseguenza, anche un valido strumento di lotta all’astensionismo dilagante.
www.abruzzoliberale.it


La fusione dei comuni (progetto per il Friuli V.G.)
La necessità e il coraggio di cambiare.
forum de Il legno storto
Si tratta di una proposta di studio importante per ridefinire i futuri Comuni Friulani. E’ infatti in gioco la nuova politica delle fusioni, voluta e favorita dalla Regione per rivitalizzare il Comune come istituzione. E’ pure in gioco il progetto di un nuovo Friuli che così potrà andare a compimento tramite l’introduzione del tanto atteso federalismo fiscale.
Occorre offrire al cittadino l’opportunità di dare un salutare scossone a strutture che possono solo essere mantenute ma non migliorate, chiamandolo direttamente a costruire i nuovi Comuni, informandolo, consultandolo sulle dimensioni e caratteristiche di questi ultimi, rendendolo soprattutto consapevole dell’opportunità che gli si offre, di dare un vero senso alla parola partecipazione.
Solo la consapevolezza di potere partecipare a decisioni importanti rende vitale nel singolo la democrazia. Una chiara distinzione va fatta tra l’esercizio della democrazia che coinvolge direttamente il cittadino e la realtà del coesistere di un gran numero di poteri locali il cui dialogo reciproco è troppo influenzato da rivalità di campanile se non interpersonali.
Per funzionare correttamente i meccanismi della democrazia devono disporre di un numero sufficiente di cittadini. Democrazia significa infatti poter scegliere liberamente, senza condizionamenti e, se del caso, poter promuovere un’alternativa. Il numero esiguo degli abitanti di troppi Comuni friulani impedisce, di fatto, o comunque rende difficile un processo pienamente democratico.
Comuni più forti e finanziariamente più autonomi sono sicuramente meglio in grado di sostenere e coordinare progetti di rilancio economico e di aumentare i servizi ai propri cittadini. È anche per questo che crediamo nel processo delle fusioni e, più in generale, nella nascita di un “Nuovo Comune Friulano”. È vivo il bisogno e profondamente sentito dai centri,di estendere il troppo angusto territorio oramai insufficiente al razionale impianto di pubblici servizi; ma non è meno sentita la necessità da parte di Comuni e frazioni di Comuni delle nostre campagne di raggruppare le loro membra disperse e costituirle in un organismo più forte e vitale, capace di fronteggiare con successo le nuove esigenze della vita.
Certo nel nostro Paese occorre reagire oramai contro l’eccessivo spirito misoneista che si manifesta specie nel campo delle amministrazioni comunali, in certe località le quali, mentre dipendono in gran parte dal centro limitrofo il loro sviluppo e la loro floridezza presente, si trincerano poi dietro considerazioni di serafica rigidezza, per non avere contatto di sorta col vicino, quando invece, le forze riunite di questi enti farebbero la fortuna dell’avvenire e l’utile di tutto il Paese.
Si pensi alle recenti misure legislative che impongono ai Comuni nuove aggravate competenze ed oneri finanziari e che presuppongono l’esistenza di comunità locali organizzate almeno dal profilo amministrativo e discretamente capaci dal lato finanziario affinché l’indispensabile aiuto dello Stato e della Regione non risulti, alla fine dispersivo e pertanto dequalificato per non dire inutile.
Urge quindi ridare al Comune una propria dimensione realmente autonoma. È necessario porre un freno alla centralizzazione dello Stato e riavvicinare maggiormente il cittadino alle istituzioni. Un obiettivo ambizioso, ma importante per un paese democratico. Una delle strade per raggiungerlo passa attraverso la fusione dei Comuni. Ma come, si chiederà qualcuno, per decentralizzare lo Stato si aboliscono enti locali? È ben vero il contrario! Sempre più Comuni si confrontano con gravi problemi finanziari e faticano a trovare persone disposte a gestirli.